Gandhi, la Satyagraha ed il movimento della non violenza
Ricordando Gandhi nell’anniversario della morte, il 30 gennaio
Mohandas Karamchand Gandhi è conosciuto come leader spirituale, padre della Satyagraha, anima della rinascita dell’India e dell’indipendenza dall’occupazione britannica.
Politico, filosofo e avvocato egli è stato un’importante figura carismatica per il suo paese ed è famoso col nome Mahatma che in sanscrito significa grande anima.Un altro suo soprannome che gli è stato spesso attribuito è Bapu, che in hindi significa padre.
Gandhi è stato uno dei pionieri e dei teorici della resistenza all’oppressione tramite la disobbedienza civile di massa che ha portato l’India all’indipendenza. Il suo movimento detto Satyagraha è fondato sulla verità e sulla nonviolenza.
Con le sue azioni Gandhi ha ispirato movimenti di difesa dei diritti civili e personalità quali Martin Luther King, Nelson Mandela, e Aung San Suu Kyi.
Il giorno della sua nascita, il 2 ottobre in India è un giorno festivo. Questa data è stata anche dichiarata Giornata internazionale della non violenza dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
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La figura di Gandhi vista da un occidentale
Con il tempo il “culto” della persona è cresciuto, soprattutto in occidente, dove spesso la figura è venerata senza essere conosciuta. Con l’era di internet a lui sono attribuite frasi, gesti, discorsi che “potrebbero” essere stati fatti da lui. Si è creato insomma un alone di leggenda.
Un’analisi interessante della figura politica di Gandhi la potete trovare in questo articolo, che tratta aspetti che io non ho approfondito.
Ovviamente una figura così popolare ha anche i suoi detrattori gli rimproverano per esempio di aver appoggiato il pagamento del risarcimento al Pakistan dopo la separazione senza aver risolto la questione Kashmir.
Capire chi era Gandhi veramente è comunque complesso, e questo articolo è un riassunto, frutto delle mie ricerche e riporta solo quanto ho trovato interessante nella sua vita e nelle sue opere, senza voler essere esaustivo. Perdonate pertanto eventuali imprecisioni.
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La vita di Gandhi – i primi anni
Gandhi nasce a Porbandar, nell’odierno Gujarat il 2 ottobre del 1869 da una famiglia agiata. Il padre, già ministro di un principato minore, dopo avergli combinato un matrimonio alla tenera età di 13 anni, come era in uso all’epoca, muore quando Gandhi ha circa 15 anni.
Nel 1886, all’età di soli diciotto anni, Gandhi parte per l’Inghilterra a studiare allo University College di Londra, contro il volere dei parenti che di fatto lo mettono al bando dalla famiglia. Studia e consegue la laurea e ritorna in India nel 1891, dove apprende della morte della madre.
I primi anni sono difficili, Gandhi, riammesso in famiglia per intercessione del fratello, non si sente a suo agio a parlare in pubblico. Anche nella professione la teoria appresa in Inghilterra, messa a confronto con la realtà Indiana dell’epoca è ugualmente causa di disagio.
L’esperienza di Gandhi in Sudafrica ed il movimento dei diritti civili
Poco tempo dopo il suo ritorno Gandhi viene inviato nell’allora Sudafrica Britannico, il Natal, su incarico di una ditta indiana, per occuparsi di una causa locale seguendola sul posto.
In Sudafrica Gandhi per la prima volta a si scontra con l’apartheid ed i pregiudizi razziali nei confronti dei suoi connazionali che vivono in condizioni di sudditanza totale, quando non di vera e propria schiavitù. Questo comincia a toccare l’animo di Gandhi e a far sviluppare in lui un senso di rivalsa.
Un episodio simbolo
Accade in questi anni un episodio simbolo degli albori della disobbedienza civile. Un giorno, durante la discussione di una causa nel tribunale di Durban, il magistrato chiede a Gandhi di togliersi il turbante, ma Gandhi si rifiuta e viene espulso dal tribunale.
Sempre in questo stesso periodo viene espulso anche da un treno per non aver accettato di passare dalla prima classe alla terza classe, pur possedendo un biglietto di prima classe e per la sola ragione del suo aspetto. Un altro episodio è quello in cui viene picchiato dal controllore di una diligenza per il suo rifiuto a spostarsi all’esterno della carrozza, per separarlo dai viaggiatori europei.
Gandhi diventa attivista
Gandhi, spinto da questi e da altri episodi a diventare parte attiva nella lotta ai soprusi subiti dai cittadini indiani, scrive ripetutamente alla stampa, e per la prima volta si fa promotore di una assemblea pubblica a Pretoria dove invita i suoi connazionali del Sudafrica ad intervenire per parlare della loro condizione. E’ qui che Gandhi tiene il suo primo discorso pubblico.
Il diritto di voto
Dopo una lunga permanenza in Sudafrica Gandhi si prepara per rientrare nel suo paese, ma viene a sapere che il governo del Natal, preoccupato della crescente influenza e ricchezza degli indiani nel paese, stava per votare una legge che di fatto toglieva il diritto di voto agli indiani. Non solo, ma questi, in caso di rientro in patria, gli indiani avrebbero dovuto pagare pesanti imposte.
Gandhi organizza proteste, scrive articoli e petizioni, ma nonostante tutto i britannici votano la legge. Al contempo però gettano le basi per una crescente consapevolezza dell’unità della comunità indiana. In seguito a questi avvenimenti Gandhi fonda il Natal Indian Congress, trasformando di fatto la comunità indiana in una forza politica.
Campagna di informazione in India e ritorno in Natal
Ritornato in patria, Gandhi comincia una campagna per informare i compatrioti sulla drammatica situazione degli indiani in Sudafrica, ma dopo circa sei mesi, lascia di nuovo l’India e ritorna nel Natal con moglie e figli.
Scoppia la seconda guerra boera. Nonostante il sostegno offerto dagli immigrati indiani alle forze Britanniche per mezzo un corpo di barellieri volontari, la situazione per loro in Sudafrica peggiora dopo la fine della guerra.
Il movimento per i diritti degli indiani in Sudafrica
Gandhi continua a condurre un movimento per i diritti degli Indiani in Sudafrica e nel 1903 fonda il giornale Indian Opinion. L’anno successivo legge con grande interesse i libri sacri dell’induismo e un saggio di John Ruskin – Unto This Last (che potete trovare gratuitamente come ebook in inglese sul progetto Gutemberg). Queste letture lo influenzeranno molto negli anni a venire.
Gandhi acquista un appezzamento di terra in Sudafrica e ne fa il primo Ashram, cominciando la meditazione e la preghiera, fino ad arrrivare a far voto di castità nel 1906. Qui Gandhi comincia la pratica del digiuno, smette di consumare latte e svolge i lavori più umili, fino ad allora riservati alle caste inferiori.
Leggi anche: Le caste in India e gli Intoccabili Dalit
La prima Satyagraha, protesta non violenta
Nel 1905 aderisce al boicottaggio di tutte le merci britanniche, proposto da Banerjea Sureundranath, a seguito delle nuove leggi razziste. Durante una protesta all’Empire Theatre of Varieties di Johannesburg, l’11 settembre 1906, Gandhi per la prima volta sfida gli inglesi con la Satyagraha, la protesta non violenta, una nuova parola coniata con una consultazione popolare sul giornale Indian Opinion.
Nei sette anni che seguono migliaia di indiani, tra cui Gandhi sono vengono imprigionati e torturati, alcuni addirittura uccisi per aver resistito in maniera nonviolenta.
Quando il governo del Transvaal rende illegali i matrimoni tra non cristiani le proteste dilagano e nonostante le manifestazioni siano pesantemente represse il generale Smuts viene costretto dall’opinione pubblica a negoziare un compromesso con Gandhi. I matrimoni misti ridiventano legali e la tassa di sei mesi di salario richiesta agli indiani per diventare lavoratori liberi viene abolita.
E’ una delle prime vere vittorie.
La lotta per l’indipendenza dell’India
Nel 1915 Gandhi ritorna in India e vuole viaggiare per conoscere la vera essenza del suo paese. Durante il suo viaggio visita molti dei 700.00 villaggi dai quali era composta l’India di allora per conoscere la situazione del suo popolo.
Nel maggio 1915 fonda il Satyagraha Ashram, vicino ad Ahmedabad, nella sua terra. Qui alloggiano uomini e donne che hanno fatto il voto di celibato, di povertà e di servire il popolo indiano.
Cosa significa Ashram:
Originariamente l’Ashram era un luogo di ritiro per i saggi, detti anche Rishi. Il luogo era di solito situato lontano dalle città o comunque in zone tranquille ed era dedicato alle pratiche religiose o meditative. In seguito gli Ashram sono divenuti scuole residenziali ed in alcuni casi comunità guidate da un capo religioso o spirituale.
Nel 1918 partecipa alla Conferenza di Delhi appoggiando la proposta di aiutare l’Inghilterra nella guerra per la difesa dell’Impero con la convinzione che se si desidera essere liberi e parte di un paese occorre partecipare.
Il massacro di Amritsar e il dolore di Gandhi
Il 18 Marzo 1919 viene approvato dal governo britannico il Rowlatt Act, che di fatto limita la libertà dei cittadini Indiani, estendendo una sorta di regime di guerra ai tempi di pace. Gandhi indice per il 6 aprile dello stesso anno uno sciopero di massa a cui sarebbero dovuti seguire preghiera e digiuno, ma a seguito di questo viene arrestato. Scoppiano disordini in tutta l’India ed il 13 aprile si compie una delle pagine più cupe della sua storia. Ad Amritsar nel Punjab le truppe britanniche del generale Dyer massacrano e feriscono migliaia di persone (fonti non ufficiali parlano di oltre 1000 morti). La protesta e la rabbia crescono, ma Gandhi, pensando di aver sbagliato e addolorato per l’uso della violenza sospende la campagna di protesta.
Gandhi entra nel congresso
Sempre nel 1919 Gandhi entra nel partito del Congresso Nazionale Indiano, con lo scopo di perseguire l’indipendenza dell’India con il mezzo della protesta non violenta, in contrapposizione alle fronde radicali del congresso.
Nel 1920 Gandhi riesce a creare un’alleanza tra il partito del Congresso Nazionale Indiano e il Movimento musulmano e insieme a quest’ultimo promuove la non cooperazione con gli inglesi.
In poco tempo Gandhi diventa il leader del movimento anticoloniale e nel 1921 diventa il presidente del Partito del Congresso. Promuove una campagna di autosufficienza dalle merci Britanniche chiedendo a tutti gli indiani di vestire il khadi, vestito filato a mano con l’arcolaio a ruota per boicottare le stoffe inglesi.
Questa lotta nel settore tessile ebbe il duplice risultato di includere le donne nel movimento e di creare un simbolo per l’indipendenza indiana, tanto che il khadi fu stato inserito nella bandiera dell’India del 1931 (nella bandiera del 1947 fu sostituito dall’arcolaio).
Gli scontri a Chauri Chaura e l’arresto di Gandhi
La non-cooperazione ebbe un grande successo, ma dopo dopo i violenti scontri avvenuti nel febbraio 1922 nella città di Chauri Chaura nell’Uttar Pradesh, culminato con la morte di ventidue poliziotti. Gandhi teme che il movimento diventi violento. Si fa arrestare e dopo due anni passati in carcere con l’accusa di sovversione, cerca di non provocare agitazioni
Solo nel 1928 riprende l’attività, appoggiando il congresso di Calcutta del dicembre 1928 che richiede a Lord Irwing di concedere all’India di diventare un protettorato britannico, minacciando una nuova campagna nonviolenta. Il governo britannico ed il Congresso Indiano di Jawaharlal Nehru dichiarano l’indipendenza il 31 dicembre 1929, fissando il 26 gennaio 1930 come giorno dell’indipendenza dell’India.
La Marcia del Sale
Nel 1930 l’Inghilterra impone un’ennesima tassa sul sale, monopolio di stato. La tassa sul sale è probabilmente fra le tasse più antiche, essendo un elemento fondamentale per la cucina e anche per la conservazione dei cibi. Nel corso della storia questa imposta è stata utilizzata da molti governanti. Dalla Cina all”antico Egitto, dalla Grecia e all’impero babilonese e persiano. Molti considerano questa tassa come una delle cause delle Rivoluzione francese.
Forse anche per questo valore simbolico, oltre che ovviamente per motivi pratici Gandhi comincia la celebre Marcia del Sale che parte da Ahmedabad e termina il 6 aprile 1930 dopo 380 km sulle coste dell’Oceano indiano, dove i partecipanti estraggono il sale dalle saline, in sfregio alle disposizioni britanniche.
A questa sfida segue una repressione violenta durante la quale più di 60 000 persone vengono imprigionate e picchiate. Anche Gandhi viene arrestato con altri esponenti politici.
Liberato e poi in Europa
Quando nel 1931 Gandhi esce di prigione, il governo britannico, anche probabilmente per timore di altri disordini, firma il patto di Delhi e libera i prigionieri politici concedendo agli indiani di raccogliere il sale per l’uso in famiglia.
Successivamente Gandhi viene invitato a una conferenza a Londra, unico rappresentante del Congresso Indiano, per discutere su una nuova costituzione indiana, cosa che non incontra il favore dei suoi connazionali. Soggiorna per tre mesi in Europa, durante i quali visita l’Italia, dove vorrebbe incontrare il Papa, cosa che non avviene per ragioni politiche.
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Il ritorno in India di Gandhi
Dopo il sostanziale fallimento della missione in Europa, Gandhi torna in India nel 1932, senza aver ottenuto il richiesto passaggio di poteri alle autorità indiane. Nel 1934 Gandhi si ritira dalla vita politica, dichiarando che da allora in poi avrebbe concentrato i suoi sforzi per attuare una riforma spirituale più che per ottenere l’indipendenza.
Dopo le varie vicissitudini della seconda guerra mondiale e le divisioni all’interno del congresso su chi appoggiare fra le potenze in guerra, Gandhi decide di riprendere l’attività politica. Le sue richieste d’indipendenza si intensificano e culminano il 13 aprile 1942 in una risoluzione con la quale richiede ai britannici di lasciare l’India: Quit India.
Si tratta della più grande rivolta di sempre, alla quale i britannici reagiscono con una violenza mai vista, arresti e una repressione feroce.
Il potere agli Indiani
Gandhi viene imprigionato nel palazzo dell’Aga Khan a Pune, dove il suo consigliere e sua moglie muoiono per le malattie. A causa della violenza che ha scatenato il movimento Quit India per Gandhi è un disastro e così decide di fare digiuno e penitenza.
Ma gli inglesi temono che Gandhi muoia in prigione e che questo diventi un problema , perciò lo rilasciano, gravemente malato nel maggio 1944.
Alla fine del 1943 il movimento Quit India riesce a ottenere dei risultati: il nuovo Primo Ministro britannico Clement Attlee annuncia che il potere verrà rilasciato agli indiani. Gandhi annuncia la fine della lotta e la liberazione dei prigionieri politici, una grande vittoria.
La separazione dell’India
In seguito all’indipendenza la All India Muslim League il secondo maggior partito indiano, guidata da Mohammad Ali Jinnah, punta alla creazione di una nazione islamica indiana, il Pakistan, per dividere due principali comunità religiose. Il timore è che gli indiani di religione musulmana vengano penalizzati all’interno di una nazione a maggioranza religiosa indù. La Lega Musulmana e il partito del Congresso concordano il piano Mountbatten, per evitare una guerra civile.
Nella realtà indù e musulmani vivono gomito a gomito da secoli senza grossi problemi e la divisione invece causa un disastroso esodo di massa calcolato in circa 17 milioni di persone, da e verso le regioni coinvolte, per la paura di ritorsioni. La divisione causa anche violenti scontri tra musulmani e induisti che porteranno a più di 500.000 morti.
La guerra indo-pakistana
Dopo l’indipendenza si creano forti tensioni politiche tra Pakistan e India che si traducono nella guerra indo-pakistana del 1947. Il governo indiano decide di non versare 550 milioni di rupie indiane al Pakistan, temendo che vengano utilizzate per combattere la stessa India..
Il 13 gennaio 1948, all’età di 78 anni, Gandhi incomincia il suo ultimo digiuno a Delhi. Chiede che le violenze abbiano fine e che sia il Pakistan che l’India garantiscano pari diritti per i fedeli ogni religione. Oltre a questo chiede che l’India paghi i 550 milioni di rupie dovuti al Pakistan. Gandhi teme che l’instabilità politica in Pakistan aumenti e che le tensioni e la violenza si propaghino oltre frontiera gettando le basi per una guerra civile India.
Malgrado lunghi e appassionati dibattiti, Gandhi rifiuta d’interrompere il digiuno e il governo indiano cede a pagare la somma dovuta al Pakistan.
L’assassinio di Gandhi
Sul memoriale di Gandhi a Nuova Delhi è inciso l'epitaffio: Hé Rām traducibile con Oh Dio, per molti furono le ultime parole pronunciate da Gandhi
Il 30 gennaio 1948, presso la Birla House, a Nuova Delhi, mentre si recava nel giardino per la sua preghiera delle cinque, Gandhi viene assassinato con tre colpi di pistola da Nathuram Godse, che riteneva Gandhi responsabile di concessioni al nuovo governo del Pakistan. Nel gennaio del 1949 comincia il processo e nel novembre dello stesso anno Godse viene giustiziato.
Seguendo le volontà di Gandhi, le sue ceneri furono divise in varie urne e disperse in molti fiumi nel mondo: Nilo, il Tamigi, il Volga e il Gange.
Il 30 gennaio 2008, in occasione del sessantesimo anniversario della sua morte, sono state versate nel mare davanti a Mumbai le ceneri contenute nell’unica urna non ancora svuotata.
Il mausoleo di Gandhi
Il Raj Ghat è stato costruito sulla riva occidentale del fiume Yamuna, nel punto in cui i resti di Gandhi furono cremati il 31 gennaio 1948, il giorno successivo al suo assassinio.
Un semplice blocco quadrato di marmo con le sue ultime parole e una fiamma che brucia all’estremità del monumento per simboleggiare la vita eterna.
Gandhi ed il vegetarianismo come forma di non violenza
Di tutti gli aspetti e gli insegnamenti che si possono trarre dalla vita e dalle opere di Gandhi me ne sono interessate due e una di queste è il vegetarianismo. Gandhi sperimentò nel corso degli anni molte diete alla ricerca di un’alimentazione minima sufficiente per soddisfare i fabbisogni corporei in maniera da esercitare la minore violenza possibile sulla natura.
Il grande rispetto di Gandhi per gli animali è essenzialmente dovuto alla convinzione che il progresso morale dell’uomo consista nell’amare e nel tutelare le altre creature.
A lui è attribuita questa frase:
La grandezza di una nazione e il suo progresso morale possono essere valutati dal modo in cui vengono trattati i suoi animali.
Mahatma Gandhi
Gli errori di Gandhi
L’altro aspetto che mi ha interessato molto è l’almeno apparente capacità di sbagliare e di ammettere i propri sbagli.
Non credo che questa frase sia sua, ma potrebbe esserlo:
Sbaglia con coraggio e con coraggio ammetti i tuoi errori.
Attribuita a Gandhi, ma probabilmente non sua
Nella sua vita si vedono molti errori e pentimenti, che possono essere spiegati solo con una grande volontà, un grande coraggio ed una chiarezza d’intenti. Questo è l’aspetto che mi affascina della figura, collegato al fatto di esporsi sempre in prima persona.
La parola satyagraha significa “forza della verità” e deriva dai termini in sanscrito satya (verità), la cui radice sat significa “Essere”, e Agraha (fermezza, forza).
Riflessioni sulla vita e gli insegnamenti del Mahatma
Su Gandhi si è detto tutto val la pena di ricordare qualche fatto e qualche sua parola, senza commenti:
Il silenzio
Gandhi riservava un giorno della settimana al silenzio, perché era convinto che il parlare rompesse la sua pace interiore.
La povertà
La semplicità è l’essenza dell’universalità
Il vegetarianismo
La grandezza di una nazione e il suo progresso morale possono essere valutati dal modo in cui vengono trattati i suoi animali
Il digiuno
Secondo Gandhi il digiuno, ma più in generale il controllo nell’assunzione di cibo, porterebbe all’aumento del controllo dei sensi, indispensabile per un’ascesi spirituale.
Pensieri e azioni
Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni.
Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo.
Vivi come se dovessi morire domani impara come se dovessi vivere per sempre
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Conclusione
Durante il mio viaggio in Gujarat, ho avuto l’opportunità di visitare la casa natale di Gandhi a Porbandar, mentre in un viaggio successivo ho avuto modo di visitare il Raj Ghat, il suo mausoleo a Delhi. Le fotografie riportate in questo articolo sono frutto di esperienze dirette e scattate da me.
Per chi non ne fosse a conoscenza la croce uncinata con i quatto punti, a dispetto di quanto evoca nel nostro immaginario, è il simbolo dell’induismo.
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